L’importanza dell’accertamento della minore età

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Il 21 febbraio 2022 la Corte europea dei diritti dell’uomo ha emesso una sentenza di condanna dello Stato italiano per violazione degli articoli 8, 3 e 13 della Convenzione.
Il ricorso riguardava la permanenza, per più di quattro mesi, di un ragazzo gambiano – minore straniero non accompagnato giunto diciassettenne sulle coste italiane nel giugno del 2016 – nel centro di accoglienza per adulti di Cona, noto per la condizione di sovraffollamento estremo, di violenza diffusa e per le gravi carenze igienico-sanitarie. La destinazione presso il predetto centro era stata stabilita nonostante il ragazzo avesse dichiarato all’arrivo in Italia di essere minore non accompagnato.
Dinanzi alla Corte europea il ricorrente aveva contestato, per mezzo dei propri legali, la correttezza della procedura di valutazione dell’età, le condizioni di vita all’interno del centro di accoglienza e l’assenza di un rimedio efficace avverso le decisioni delle autorità.
E in effetti i giudici di Strasburgo hanno verificato che le autorità italiane hanno illegittimamente ritenuto che il ricorrente fosse all’epoca dei fatti maggiorenne, in contrasto con quanto dichiarato dallo stesso; hanno verificato, infatti, che gli esami medici condotti relativi all’accertamento dell’età del ragazzo erano anacronistici e non affidabili tanto da determinare la mancata nomina di un tutore che potesse assumerne la rappresentanza anche al fine della presentazione della richiesta di protezione internazionale.
La Corte ha rilevato, pertanto, che le autorità italiane non hanno applicato il principio di presunzione di minore età, il cui rispetto avrebbe assicurato al ricorrente una serie di garanzie procedurali, con la conseguenza che la permanenza dello stesso presso il centro di accoglienza per adulti ha rappresentato una violazione dei principi convenzionali, pregiudicandone il diritto a un adeguato sviluppo personale.
Alla luce di tali accertamenti, la Corte ha valutato che fossero stati violati il diritto al rispetto della vita privata e familiare del ricorrente (art. 8 della Convenzione) ed il divieto di sottoposizione a trattamenti inumani e degradanti (art. 3 della Convenzione).
La Corte ha infine constatato l’inesistenza, all’interno dell’ordinamento italiano, di rimedi giudiziali effettivi (art. 13 della Convenzione) per agire contro le condizioni di vita all’interno delle strutture di accoglienza, nonché contro gli errati accertamenti dell’età di minorenni, considerati alla stregua di maggiorenni.
Pertanto ha condannato lo Stato al pagamento dei danni non patrimoniali dal ricorrente.
Occorre comunque precisare che a seguito di provvedimento di urgenza, era stato chiesto e ottenuto, in via cautelare, il trasferimento del ricorrente in una struttura per minori.
In questo caso, che si teme non essere isolato, è stata acclarata la violazione dei diritti e dei principi sanciti dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, che non sono mai derogabili – come ricorda la Corte – nemmeno quando il flusso di migranti ai confini esterni dell’Unione Europea diventa particolarmente pressante.

Maristella Metrangolo

Obiettivo Fanciullo
Obiettivo Fanciullo
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